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  2 ottobre 2011  

 

 

 

 

VERBALE DEL 2 OTTOBRE 2011

La riunione di oggi verte su due argomenti molto forti e coinvolgenti : “Comunità luogo di perdono” e “Cominciarono a far festa” relativi ai brani del Vangelo di Matteo 18,15-20 (Quante volte dovrò perdonare……settanta volte sette) e di Luca 15- 11-32  (Il figliol prodigo).
Dopo l’invocazione allo Spirito Santo, si procede con la lettura della Parola di Dio e alla proiezione di slide riportanti i punti salienti del libretto di formazione sulle tematiche odierne.
Momenti di silenzio durante la proiezione invitano alla meditazione da parte dei partecipanti, seguiti poi dall’esposizione delle considerazioni scritte  di Renzo B. su “Comunità luogo di perdono.”
Se noi fossimo nella  pura e semplice verità, afferma Renzo, chi ci incontra, incontrerebbe solo tenerezza, solo misericordia, solo benevolenza. Una Comunità di autentici fratelli richiede il saper accettare vicendevolmente le fragilità umane e la consapevolezza di essere in cammino per ritornare alla casa del Padre. Occorre molta umiltà per capire che tutti siamo bisognosi di compassione.
 Anche Elisabetta L. fa condivisione delle sensazioni ricevute dall’approfondimento di entrambi i temi: in particolare è rimasta colpita dalla bontà del Padre che non chiede nulla al figlio minore ritornato a casa, perché il suo primo e grande desiderio è soltanto quello di riabbracciarlo “…Questo figlio era morto ed è tornato in vita…”.
Quest’amore sconfinato e disinteressato di Dio, l’ha portata a riconsiderare il suo vissuto personale offuscato da scetticismo e insufficiente fiducia in se stessa, che il cammino in Comunità ha cercato di migliorare facendole acquistare la consapevolezza della fragilità umana e facendola reagire alla paura di relazionarsi ed aprirsi con i fratelli che era tentata di abbandonare. Il pensiero di rimanere sola senza un percorso di  comunione con Dio e quindi con i fratelli, l’ha scossa alquanto spingendola a perseverare. Infatti il  lato poco ottimista  e poco fiducioso del suo carattere va affrontato e superato con la fiducia nel Signore misericordioso, di cui era diffidente e che invece l’ha cercata facendosi riconoscere nel profondo della sua  anima che avvertiva sussulti per la presenza divina. Occorre perciò seguire lo stile del Padre spezzando la catena delle nostre povertà, esercitandosi di continuo a far festa in se stessi.
La nostra vita è un’occasione per affrontare i momenti difficili, interviene Dada, perché se si crede di essere persi in un mare in tempesta e di non poterne uscire, bisogna capire che si sta vivendo una prova per crescere e che quello è un momento per aggrapparsi al meglio, alla mano di Dio. Nella sua vita si è sentita qualche volta persa ma l’aggrapparsi al Signore, è servito per uscirne più cresciuta.
La certezza che il Signore guardi più alle volte che ci si rialza che a quelle in cui si cade, offre serenità a Elisabetta L. che è fermamente convinta che senza di Lui e senza l’ascolto della sua Parola non si possa andare da nessuna parte.
La fiducia nei fratelli dice Luciana P. si acquista comunque, vedendo in loro, Gesù. Il volto di Cristo vivente va ricercato nell’altro “…Amami nei tuoi fratelli…”.
Seppure i fratelli possano deludere, spiega Suor Rifugio, è nel perdono che si ritrova la forza per ricominciare.
La comunione in Comunità, dice ancora Elisabetta L. è una conquista, è come un allenamento in Palestra perché nonostante lei sia di natura sospettosa, è tuttavia un’idealista.
Ci sono momenti buoni e cattivi, afferma Mariella B., siamo tutti in cammino verso la Montagna dove si sale piano  piano.
La scoperta dell’umiltà inoltre, continua Elisabetta L., l’ha portata a proseguire nel cammino con i fratelli.
“Sii ultimo e servitore di Dio” ricorda Bruno S. mentre Sergio R. ringrazia Elisabetta L. per aver condiviso le sue sensazioni ed emozioni che ci hanno coinvolto portandoci a riflettere sulle proprie, perché siamo tutti in cammino e la Comunità aiuta a rimanere aggrappati alla roccia.
Anche Elisabetta S. apprezza il confronto che si è aperto oggi e Rossana S. riporta l’immagine dell’autostrada con molte uscite. che l’ha fatta sentire in cammino e che le ha dato la spinta per continuare senza farle imboccare una di quelle uscite che l’avrebbero resa ipocrita e simile al figlio maggiore. L’umanità è carica di fragilità ma il confronto con i fratelli e la riflessione sulla Parola di Dio, aiutano a migliorarsi e a capire la sua volontà. L’amicizia può essere deludente e ci fa  sentire come una canna sbattuta dal vento, ma non si può cadere nell’oscurità del rancore.
La Comunità aiuta quindi a crescere.
Occorre dilatare il cuore, dice Suor Rifugio, perché noi per primi non siamo esenti da errori. Lo sforzo è proprio quello di dilatare il cuore man mano che l’altro ci schiaffeggia. E’ l’altro infatti che sta male dentro di sé. Noi dobbiamo invece temere soltanto il giudizio di Dio, non quello degli altri perché noi rimaniamo  comunque quello che siamo di fronte a Lui.
Il Signore guarda alle intenzioni e non alle risposte che abbiamo avuto dalle nostre azioni. E’ preghiera pure la carità trasformata in accettazione. Rimanere nell’Amore fa superare le nostre fragilità, che devono essere vinte con un cammino di fede. Il vero cammino consiste nei piccoli passi fatti verso il miglioramento proprio e degli altri.
Il Signore, interviene di nuovo Elisabetta L., illumina e agisce in modo straordinario in ognuno di noi.
Non bisogna rinunciare all’altro, afferma Suor Rifugio, a causa delle sue mancanze.
Rita R. ricorda allora le parole di Gesù “Ama il prossimo tuo come te stesso” perché l’amore altruista porta a fare quelle scale di coscienza che fanno riconoscere le proprie fragilità. “Il mio peccato è sempre di fronte a me”. La crescita personale nell’accettare i propri limiti, fa maturare l’umiltà e la maggiore disponibilità verso il prossimo vicino e lontano.
 La comprensione verso gli altri porta all’esercizio della carità, di quella Caritas impressa sul cuore di Gesù, di quella carità dell’Inno di San Paolo che conduce a scalare la montagna di cui non conosciamo l’altezza e la misura e ti porta perciò a salire e a salire. L’analisi di se stessi, la revisione personale rendono più disponibili a rimettere i debiti ai nostri debitori.
Dada riflettendo sulla remissione dei debiti, esprime l’intenzione di presentarli come offerta al Signore perché la relazione con se stessi, con gli altri e con Dio, traduce l’Amore che dà in Comunità la possibilità di esercitarsi.
“Se il tuo fratello sbaglia, va e correggilo….”Bianca Maria a proposito, riporta un’esperienza personale piuttosto spiacevole, in cui si è trovata a subire un inganno da parte di una amica e verso la quale l’affermazione della verità e la correzione non hanno dato risposta.
Il coordinatore legge allora parte dell’omelia di Don Morosini tenuta in occasione della ricorrenza della morte di Madre Speranza, con la quale si ricorda di amare e dare la vita per i propri nemici perché anche Gesù ha cercato di convertire Giuda e non c’è riuscito ma comunque l’ha amato.. Con alcune persone perciò bisogna parlare di Cristo ma con altre bisogna essere  Cristo.
Su “E cominciarono a far festa” si sofferma invece la riflessione di Gilberto B.: la lettura del Vangelo e l’approfondimento proposto dalla formazione, gli ha offerto  la chiave per risolvere i vari problemi della vita, suggerendogli di  compilare un elenco di precetti da seguire. Il confronto odierno tuttavia l’ha aiutato a capire maggiormente dentro di sé che occorre trasformare la propria vita ad immagine del Vangelo. Si è reso conto che non basta ripetersi costantemente alcuni precetti, ma bisogna invece interrogarsi sempre su come migliorare.
“Siate sempre creditori” questa frase ascoltata in un programma televisivo, ha indotto Egidio a meditare  sull’esercizio del perdono in famiglia e in Comunità.
“ Se tuo fratello commette una colpa” è un’espressione abbastanza forte perché ne conseguono comunque maldicenze ed offese tra fratelli.
Le parole dette, spesso, non rispecchiano il loro vero significato e occorrerebbe conoscere il codice offensivo di colui che inconsapevolmente offende l’altro o per impreparazione o per insufficienza culturale.  Infatti soltanto la certezza del significato delle parole ricevute deve portare a un chiarimento e a una spiegazione tra fratelli. La vita in Comunità richiede spiegazioni e perdono. La vita in Comunità richiede soprattutto amore perché l’amore fa miracoli: Amare qualcuno antipatico, è già un miracolo. Amarsi nella coppia di per sé eterogenea, è un miracolo. Solo l’amore risolve le miserie umane.
Bruno S. afferma di vedere la sua vita come un prisma angolare, che secondo l’angolatura mostra se stesso in vari aspetti. Lo specchio diversamente riflette soltanto l’immagine di se stesso al contrario e non consente un’autentica revisione.  Considerarsi migliore del fratello rivela la presunzione di non accettare la correzione fraterna.
 Il ridimensionamento del proprio io richiede un esercizio continuo.
Ognuno di noi, dice  Suor Rifugio, è in cammino per raggiungere il Paradiso e quindi l’Amore perfetto. Occorre progredire nell’amore attivo. Occorre arrivare a bruciare d’amore per i fratelli che ci offendono, santificando le situazioni che ci si presentano. Per il Signore tutto è possibile se gli vengono presentate le diverse difficoltà con l’intenzione di cambiare e riparare gli errori.
Il Paradiso non è chiuso a nessuno ma il cammino interiore di riparazione deve essere autentico.
Bianca Maria riportando un’altra sua esperienza negativa di amicizia tradita, ricorda che nelle relazioni umane dobbiamo essere “Candidi come colombe e prudenti come serpenti”. Infatti dice Suor Rifugio, la prudenza è una virtù.
La conversione avuta che l’ha trasformato interiormente, dichiara Guglielmo M., l’ha aiutato a non giudicare e a non essere come il fratello maggiore.  Coloro che si credono migliori mancano di umiltà e per questo bisogna pregare. Ecco la sua preghiera costante rivolta a Dio: “ Signore Tu che sei l’Amore Misericordioso per eccellenza, aiutami ad amare e a perdonare”.
Il passo del Vangelo in cui mostra Gesù che si ritira sul monte a pregare, dice Luciana B. le ha fatto capire che nel silenzio della propria anima si riesce ad evangelizzare superando le povertà umane.
Di certo. interviene Mariella B., la rabbia e il rancore, la mancanza di confronto, non contribuiscono a costruire i rapporti con i fratelli:
La correzione fraterna è difficile perché va fatta con tanto amore per non mettere sulle difensive l’altro. L’altro deve avere la certezza che è un rapporto basato sull’amore.
Sergio R. torna a ringraziare Elisabetta L. perché la sua riflessione spontanea e sincera ha innescato la miccia del confronto autentico.
Lo sforzo personale a capire gli altri è condiviso anche da Rinaldo E. che confida nell’aiuto del Signore per la maturazione individuale,  guida nel cammino della verità.
Purtroppo, ricorda Suor Rifugio, le povertà umane e le tare personali rovinano i rapporti tra fratelli e a proposito Silvia P. richiama il precetto evangelico di vedere la trave nel proprio occhio e non la pagliuzza in quello del fratello.
Riconoscere le proprie ferite, continua Suor Rifugio, guarisce dalle fragilità. Le emozioni introiettate nell’infanzia, conducono ai comportamenti dettati dal  proprio temperamento. C’è bisogno di un lavoro personale per gestire se stessi e relazionarsi con gli altri. Ci vuole anche la virtù  per vincere la propria natura. Il Signore, diceva Madre Speranza, guarda però alle intenzioni. Lavorare sulla base umana aiuta perché prima si costruisce la base e poi l’altezza. Occorre anche perdonare se stessi e andare avanti per non lasciarsi sopraffare dai propri limiti.
 La negatività è sintomo di ferite interiori che vanno affrontate per non cadere nel vittimismo.
Importante è sempre il chiarimento per non creare disguidi e incomprensioni, ricorda Egidio B. forte della sua esperienza di vita comunitaria.
Antonella L. condivide con il gruppo i momenti di riflessione vissuti nel periodo estivo, che l’hanno chiamata a verificare la sua identità di laico dell’Amore  Misericordioso con l’aiuto della lettura di due libri, l’uno relativo a San Francesco alla sequela di  Cristo nella povertà assoluta e l’altro relativo all’Eucarestia con Gesù nel tabernacolo solo e bisognoso d’amore. Nella sofferenza provata durante la malattia che l’ha colpita in quei giorni, ha ricevuto la forza necessaria per un attento sguardo interiore e per una maggiore vicinanza al Gesù povero di San Francesco e al Gesù solo e bisognoso d’amore nell’Eucarestia.
Il rivedere se stessa le ha fatto prendere coscienza della futilità dei piccoli fastidi quotidiani e dell’utilità di una buona parola detta al prossimo vicino o lontano, che fa superare molte cose. Quando si è più vicini a Dio, tutto il resto è meno pesante.
Lo Spirito Santo, agisce dentro di noi, dice Suor Rifugio e la buona volontà è sempre premiata.
Il passo del Vangelo di Matteo, interviene Barbara, le è entrato dentro, cercando di renderlo fecondo  nella sua vita, che ha condiviso con gli altri e in Comunità. Generati nell’amore, ci aspettiamo amore  e quando le risposte non arrivano si cerca un aiuto per trovarle. L’interpretazione della parabola che invita a dare la propria vita per il pubblicano, porta alla perfezione dell’amore ma la sua esperienza coniugale non ha reso possibile una ricostruzione del rapporto.
La Comunità partecipa ai suoi problemi e le si fa vicina.
Per le coppie in difficoltà Suor Rifugio chiede molta preghiera, perché la Grazia di Dio può operare miracolosamente.

Seguono gli avvisi

La preghiera comunitaria pone fine alla giornata.

Con fede 
                                    Franca