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  13 febbraio 2011  

 

 

 

 

VERBALE DEL 13 FEBBRAIO 2011

 

“Com’è bello stare insieme”

 

La lettura del salmo 133 ci invita oggi a riflettere sulla vita fraterna perché l’uomo non è solo ma orientato verso gli altri; con l’altro deve vivere e con lui deve stabilire rapporti di vita.
Incontrarsi non significa salutarsi frettolosamente ma significa fare posto all’altro nella propria vita, creare un legame di condivisione in quanto fratelli in Cristo.
Interroghiamoci sui nostri sentimenti di appartenenza l’un l’altro perché “noi siamo niente, siamo solo fratelli” come diceva Papa Giovanni.
L’invocazione allo Spirito Santo predispone alla comunione fraterna, richiamata anche dal Coordinatore con la distribuzione dell’elenco delle 14 opere di misericordia corporali e spirituali riassunte dalla Chiesa.
Viene ricordata la giornata comunitaria vissuta il 12 c.m. con le Ancelle dell’Amore Misericordioso e si propongono, a richiesta delle stesse e dei laici, altri momenti di fraternità da vivere impostati o sulla Lectio Divina o sull’approfondimento del Carisma. Padre Gabriele infatti, aveva invitato durante la celebrazione liturgica a soffermarsi maggiormente sugli scritti di Madre Speranza per crescere e dare frutti come l’ulivo donato dai laici alla Congregazione.
La lettura attenta dell’introduzione al libretto di formazione annuale, ci indica la strada per contribuire a costruire la comunione fraterna nel quotidiano, acquistando così, dice Suor Rifugio, una sensibilità misericordiosa soprattutto verso gli ultimi, con atti di accoglienza e di comunicazione , offrendo loro un cuore nuovo, non più di pietra ma di carne, perché in loro traspare il volto di Cristo. Ognuno deve dare perciò risposte concrete ai fratelli come la comunità di Brindisi, che accoglie nelle riunioni, ragazzi disabili con handicap rendendoli partecipi dello spirito di comunione. Occorre pregare ed accettare i peccatori e vedere l’altro con la misericordia di Dio.
Madre Teresa di Calcutta, ricorda Luciana B., curava gli ammalati e raccoglieva i poveri e in ognuno di loro, vedeva il Cristo sofferente con  spirito d’amore totale che anche Monsignor Mani ammetteva di non aver raggiunto. La dignità del povero va rispettata ma le  cronache di  oggi, purtroppo,  invitano a diffidare dei mendicanti che nascondono dietro l’aspetto dismesso  intenzioni da profittatori.
Ciascuno deve fare la propria parte, afferma Gilberto B., senza avere l’ambizione di salvare l’umanità intera.
Tra le situazioni di disagio, racconta Suor Rifugio, quella esistente nelle zone della missione rumena, ha richiesto aiuti graduali ma costanti alla popolazione e soprattutto ai bambini, per offrire loro condizioni di vita più umane.
Molto forte è anche la situazione di disagio, interviene Luciana B., vissuta dagli anziani, spesso lasciati soli o abbandonati, che deve interpellare tutti per una maggiore partecipazione ed attenzione.
Sopperire o tentare di sopperire alle carenze delle istituzioni, sarebbe di utilità a  quella parte di società coinvolta in realtà sofferenti, dice Renato P., come quella dei ragazzi disagiati o dosabili, tra gli 11 e i 14 anni, ricoverati  presso il Bambin Gesù di Roma. I giovani pazienti sono infatti lasciati soli per diverso tempo sia da parte dei genitori che dal personale infermieristico e soltanto la comunicazione ed il gioco con loro, hanno reso possibile un contatto più umano ed affettivo nei giorni in cui Renato ha avuto modo di frequentarli.
Occorre affinare la sensibilità misericordiosa, suggerisce Suor Rifugio, mettendo un pizzico d’amore nel nostro quartiere e  Luciana B. richiama la misura del bene che non deve essere sottovalutata, mentre Rita R. si confronta con il significato di “Tutto per Amore”.
L’amore va vissuto con semplicità in ogni momento e in ogni circostanza, testimonia Maria Teresa C., con riferimento alla sua dolorosa esperienza familiare e Suor Rifugio conferma che il Cristo sfigurato va vissuto nelle circostanze che si presentano giorno dopo giorno, come nel sorriso di coloro che abbiamo incontrato ed avvicinato. Bisogna imparare a vivere semplicemente con umiltà nel nome di Gesù.
Le esperienze forti infatti, condivide Elisabetta L., insegnano a vedere Gesù nel volto degli altri sebbene, questo, non sia sempre facile, perché le conflittualità disamorano e suscitano sentimenti negativi anche verso le persone più vicine.
E’ comunque naturale , interviene Rossana S., che ci sia più spinta a fare qualcosa per  i propri famigliari e ad amarli, in particolare i figli e Suor Rifugio ricorda che Dio ha voluto la famiglia perché il vincolo di sangue porta a fare il bene. L’ onestà personale rivela e fa capire se nella propria vita c’è posto anche per gli altri e con l’Amore Misericordioso si riesce ad affrontare anche momenti difficilissimi.
E’ vero, l’amore costa tanto, dice Gianna C. ma guardando a Gesù crocefisso, viene la forza e lo si scopre nel fratello e con il tempo, aggiunge Suor Rifugio, s’imparerà a vedere oltre i difetti e virtù delle persone e si agirà per Gesù soltanto.
Gilberto fa notare con soddisfazione che  le riflessioni intervenute nel corso dell’incontro odierno, sono confacenti alle domande di invito alla meditazione riportate sul libretto di formazione, di cui  tutti avvertono il peso spirituale .
Il Salmo 133 , spiega Suor Rifugio, esprime l’invito a vivere con i fratelli secondo il volere di Dio, perché il volto sfigurato di Cristo, a causa del peccato degli uomini, va visto in ognuno oltre le apparenze. Agendo con tale spirito, in virtù dell’olio profumato, la Grazia trasforma e redime.
Il fulcro della comunione fraterna è la famiglia che comporta rispetto e molta attenzione affettiva, afferma Sergio R. dopo la condivisione della propria esperienza nella famiglia di origine e sebbene le ferite dell’infanzia, causate da azioni diseducative, aggiunge Suor Rifugio, richiedano maturità per  guarire, le stesse non prescindono in assoluto dall’amore dei genitori.
I rapporti familiari, infatti, interviene Gilberto B., vanno gestiti a seconda le esigenze dei rispettivi componenti, perché l’amore, specialmente quello verso i bambini, dice Rita R., inizia a manifestarsi nella donna già dai primi mesi di gravidanza, portandola ad uscire da se stessa per essere offerto all’esterno. In tal modo si cresce e si matura nell’amore.
L’elaborazione e la sublimazione delle ferite affettive, chiarisce ancora Suor Rifugio, aiutano a superare le rispettive problematiche.
E’ faticoso, testimonia Pina L., vedere il volto di Gesù in famiglia per la quale è in cammino spirituale con il desiderio e la volontà di superare il proprio disagio interiore. Il vissuto positivo ricevuto nella sua famiglia d’origine, la spinge ad essere più esigente e ad avere aspettative maggiori da parte dei suoi cari, limitandola nell’esercizio della misericordia .
Diversamente Renzo B. richiama la bella esperienza affettiva avuta con i fratelli nella famiglia naturale, per recepire meglio il significato delle parole ”percepisci l’altro come tuo fratello in Cristo” perché soltanto ritrovando la fratellanza in Cristo, si giunge a ritenere l’altro fratello come il fratello di sangue. Si risale a Gesù Cristo, al Padre comune perciò con un  lavoro di maturazione.
Per Gilberto B. il vedere nell’altro come tuo fratello in Cristo, prescinde dall’esperienza personale mentre, per Renato P.,  l’esperienza negativa familiare può  invece disamorare nei rapporti con il prossimo.
In realtà, dice Suor Rifugio, l’esperienza positiva della fraternità naturale, può psicologicamente contribuire a costruire meglio i rapporti con gli altri e ritrovare in loro  i fratelli in Dio.
Il concetto di fratellanza,  riportato anche nell’antico Testamento o nella storia dell’umanità, interviene ancora Renzo B., è insito nell’uomo ma non sempre lo si riscontra nel quotidiano, questo perché, chiarisce Suor Rifugio, sebbene l’uomo preferisca ritrovare Abele e non Caino, Caino purtroppo è dentro di lui e in lui va combattuto.
Gli esempi di cronaca nera, conferma Tommaso L., inducono infatti a dubitare del sentimento di fratellanza che lui, figlio unico, ha conosciuto  attraverso il rapporto dei suoi due figli. Anche l’esperienza di fraternità vissuta nell’ALAM e nella Comunità d’amore è arricchente e formativa ma la vita di tutti i giorni soprattutto quella lavorativa, mostra superficialità e condizionamenti dovuti a pregiudizi e ad apparenze. Occorre acquisire una diversa mentalità del sociale.
Nel quartiere povero in cui è cresciuto Giorgio L., si avvertivano le differenze e la classificazione sociale, che hanno acuito la sua sensibilità ed affinato la sua coscienza verso il prossimo da considerare quale persone, esseri umani indipendentemente dal colore della pelle o dalla condizione sociale stessa.
A proposito, le parole di Madre Speranza sull’unione con il prossimo, ci sostengano e ci guidino nell’agire quotidiano perché Barbara S. non si riconosce in loro. Seppur ella non nutri sentimenti di vendetta,  la sua situazione familiare la spinge a non distinguere il confine tra perdono-amore misericordioso e rispetto-  tutela della propria dignità. Il confine,  suggerisce Suor Rifugio, va ricercato dentro di sé, difendendo la moralità ed evitando possibili danni psicologici ai figli.
La riunione termina con gli avvisi e con la preghiera comunitaria.

Sia lode a Cristo

Franca L.B.