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  14 marzo 2010  

 

 

 

VERBALE DEL 14 MARZO 2010

 

L’incontro di oggi “Beati voi” ci interpella ancora una volta come cristiani e come LAM in particolare, sul discorso della montagna che va contro ogni logica umana, perché beati sono i poveri e ad essi è promesso il Regno di Dio. Trovare il coraggio di essere povero, di gettare la maschera delle ipocrisie di una società materialistica, scoprire le nostre miserie interiori per trasformarle in terreno fertile pronto ad accogliere le beatitudini del Padre Misericordioso, darà sostegno al nostro cammino di fede per condurci infine alla felicità eterna. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

 

Presenti: segue elenco nomi

 

Il presidente Bruna De C. in L. invita alla riflessione sulla “Mansuetudine”, tratto dagli scritti di Madre Speranza (El pan 11,53-60;87-92).

Con la mansuetudine, dice la Madre:

  • giudichiamo le cose senza eccitazione;
  • vogliamo bene senza ostentazioni;
  • ci comportiamo con semplicità,  con rettitudine e carità.
  • La lettura completa del passo, ci invita e ci sollecita a sperimentare questa virtù e ci avvia alla condivisione spirituale del brano evangelico (Mt. 5, 1-12) sul quale interviene Bruno S. che sottolinea la forma dei verbi usata al tempo presente e al tempo futuro quale indice di maggiore comprensione del testo. Anche Egidio B. si sofferma sui contenuti relativi agli “operatori di pace” e sulle altre beatitudini elencate che ci riguardano da vicino, se vogliamo incamminarci verso Dio.

    Il referente religioso (Suor R.) precisa che Dio non vuole afflizioni per il genere umano ma che esse sono la conseguenza delle azioni degli uomini ai quali Dio stesso porge consolazione e misericordia, a motivo delle loro povertà. Se gli uomini riuscissero a santificare le miserie della vita, si avvicinerebbero al Signore. L’amore divino ci salva, il respiro di Dio intriso di perdono ci risolleva purché noi, con fatica e decisione, vogliamo riacquistare quelle beatitudini, perché la vita, nella gioia e nel dolore, va vissuta in Dio come un bimbo svezzato nelle braccia della madre.
    La Madre Speranza, nonostante le varie difficoltà e sofferenze, portava sempre tra le figlie, in Comunità, serenità e gioia per non contrastare il progetto divino. Più le persone che lei incontrava si allontanavano da Dio, più  lei Lo pregava per la salvezza delle loro anime.
    Le beatitudini significano perciò santificare ogni momento della nostra esistenza così come il dolore e l’ingiustizia.

    Rossana D’A. in S. ammette la sua difficoltà a comprendere a fondo il significato delle beatitudini ma  la lettura del testo di formazione relativo al passo evangelico, l’ha aiutata a rivedere il cammino intrapreso e a capire come esso l’abbia plasmata lentamente in virtù della Grazia di Dio. La riflessione sulle parole del profeta Sofonia ed Isaia le ha indicato inoltre spunti di interpretazione per renderle praticabili.

    Renzo B. riferisce di aver sempre pensato che Gesù, guardando l’umanità sofferente, abbia voluto offrire una chiave di lettura nuova, che se da questa accolta, l’avrebbe trasformata ed innalzata. Gesù ha detto, continua Renzo, “Chi mi ama è come me” perciò conformarsi a lui, rende pienamente felici.

    Gianna C. ribadisce la necessità di mettere in pratica le beatitudini sottolineando la frase “Credete che dobbiamo distinguerci soprattutto per la carità”.

    Bruna De C. in L.  riflette sull’Amore Misericordioso quale elemento basilare per il cristiano e per il LAM in particolare perché l’uomo di oggi non è in grado di perdonare o di superare minime controversie. Occorre riferirci al modello di  Cristo, imitarlo per unirci a Lui e sperimentare la vera comunione fraterna, così che la logica dell’Amore di Dio incarnata in noi, porterà a vivere le beatitudini. Facciamo nostro il pensiero di Madre Speranza “Vorrei che foste avvocati caritatevoli e mediatori dei miei poveri, deboli e afflitti” per avere la ricompensa nei Cieli.

    Per Mariella T. in B. diventa perciò pressante il motto “Non perdiamo tempo” affinché ognuno si riveda.

    Roberto C. afferma che ogni gesto di misericordia si traduce in un’espiazione delle pene del Purgatorio e che l’Eucarestia trasforma e dona lo Spirito di comunione. Quanto l’uomo è più provato, più si sente vicino a Dio ed è proprio nell’ordinario che avviene la santificazione.

    Frequentare quotidianamente la Santa Messa, ricorda il referente religioso, Suor R., diventa una necessità, un punto d’arrivo che ogni laico può sperimentare come tempo di Grazia.

    “Vivo le difficoltà” dice Maria Pia L., pregando e accettandole.

    Gianna C., ricorda la malattia del marito e i momenti di condivisione della preghiera che l’hanno portato alla conversione.

    Se si prega con il cuore per qualcuno, conforta Suor R., nessuno è perso agli occhi di Dio.

    Maria Teresa V. in C. non nega che la prima reazione alle avversità è il rifiuto e la non accettazione e che solo più tardi se ne porta il peso, ma non crede che sofferenza equivalga a beatitudine. La prova che sta vivendo, la priva della serenità pur sapendo che l’accettazione è una Grazia.

    Caterina B. in B. ricorda che la fiducia nel Signore aiuta a far capire la sua volontà.

    “La Croce gloriosa aiuterà” perché il peccatore che soffre nella conversione sarà aiutato e dove c’è uno che soffre, Dio soffre insieme a lui. La luce che risplende nel periodo di conversione porterà alla resurrezione. Le parole di Suor R. danno conforto e consolazione.

    Dio, chiarisce Egidio B., è il Dio dei vivi che non dispensa malattie e sofferenze ma condivide con l’uomo i suoi pesi:  “Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi”. Sapere che Dio ci è accanto, ci consola e ci offre il significato del dolore quale mezzo di redenzione.

    La Madre Speranza infatti, parlando del Paradiso, dice Suor R., riferisce che le anime che hanno sofferte per amore, risplendono come diamanti.

    Rita Del B. in R. riflette sul male e sulla morte che sono entrati nel mondo a causa del peccato originale e non per volere di Dio. Esse sono la conseguenza della disobbedienza di Adamo ed Eva.
    “La morte è un meraviglioso abbraccio d’amore” ha esclamato una persona che ha vissuto l’esperienza della pre-morte. Il malessere fisico è correlato al malessere spirituale e l’accettazione del dolore può trasformarsi in bene per l’anima nostra.

    Caterina P. in C. pensa che è nella natura umana respingere la sofferenza, ma dobbiamo aver fede perché l’uomo è stato creato per l’eternità.

    Egidio B. torna a meditare sulla Magna Charta del cristiano, cioè le beatitudini e sul compito di ognuno  di realizzare la giustizia terrena, come un programma politico nel quale dobbiamo essere sale della terra e luce del  mondo. Le nostre responsabilità ci portano a far vedere a tutti la Città sul monte citata nel Vangelo. Dio non è un castigamatti; Dio cammina con noi come ha fatto con i discepoli sulla Via di Emmaus.

    Luciana B. in F. ricorda l’esperienza di una cara amica che ha vissuto la perdita del figlio e altre avversità con coraggio e fede,offrendo al prossimo testimonianza del dolore che redime. Le beatitudine sono state il modello di vita che l’hanno plasmata e trasformata secondo la Parola.
    Questa amicizia è stata per Luciana una rivelazione  per capire che diventare un noi, Chiesa, aiuto reciproco, aiuta a cambiare, ad accettare, ad accogliere. Le paure umane ( sofferenza, morte) rimangono ma ci si avvia sul cammino. Sul cammino di Abramo, precisa Egidio.

     

    La preghiera è stata la fonte che ha alimentato il nostro spirito arricchendolo con il magnifico dono della condivisione fraterna.

    Franca L. in B.